Il Tetto

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Letteratura: parole per capire.

Vorremmo condividere con voi un brano di Richard F. Miniter da “Le cose che voglio di più”

Non avevo mai pensato che Mike potesse realmente farsi del male. Aveva minacciato di farlo in diverse occasioni, e naturalmente conoscevamo bene gli eventi occorsi all’istituto, ma ero pressoché certo che in casa nostra non sarebbe mai avvenuto qualcosa di simile. Non avevo neppure preso le precauzioni che Harbour aveva suggerito (ma non ci aveva imposto), come mettere sotto chiave gli arnesi da cucina affilati. La nostra scelta era stata motivata da due ragioni. Primo, nascondere il trinciante non avrebbe mai fermato qualcuno deciso a suicidarsi; secondo, i coltelli da cucina erano tra gli oggetti meno pericolosi della casa. La nostra abitazione era stata voluta a misura di ragazzo, il che voleva dire che ospitava libri e pesi da sollevare, attrezzatura da campeggio, mappe e cani, ma anche armi, archi e frecce, attrezzi taglienti per la falegnameria, rasoi e coltelli da caccia, che per la maggior parte non appartenevano più a me ma ai miei figli. Che cosa potevo fare? Inoltre pensavo (forse troppo ingenuamente) che, dal momento che casa nostra era un luogo ideale per un ragazzo, non avrebbe mai tentato di uccidersi lì da noi. Non avevo mai preso in considerazione il fatto che le persone in genere si fanno del male per punire o vendicarsi degli altri, o per indurli a stare alla larga. Sue aveva messo Mike all’aspirapolvere da basso e l’aveva lasciato solo, e io mi trovavo di sopra quando Liam mi chiamó.
«Papà?»
«Che cosa c’è?»
«Corri giú»
Mi precipitai giù dalle scale del bar. «Allora?»
«Guarda.» Liam indicò la cucina.
Mike era appoggiato alla parete di piastrelle con il viso arrossato e gli occhi spalancati.
Mi rivolsi a Liam e gli chiesi di nuovo: «Che cosa c’è? Perché mi hai chiamato?»
Bum.
Guardai di nuovo Mike, che aveva cominciato a sbattere ritmicamente la testa contro il muro. «Io non lavoro», ripeteva, e ogni volta che diceva lavoro colpiva la parete con la testa. Non fingeva: Sentivo i muri vibrare e i piatti nella credenza sbattere tra loro a ogni testata.
Feci per fermarlo, ma quando mi avvicinai cominciò a colpire più forte e più veloce: bum, bum, bum.
I pensieri mi si affollavano in testa. Fa’ la cosa giusta! Mike sembrava posseduto dal demonio, le pupille gli si erano rimpicciolite e assomigliavano a nere capocchie di spillo, la lingua entrava e usciva rapidamente dalla bocca.
Poi, non so come, pensai che non dovevo rimanere impressionato dal suo comportamento, non dovevo fargli vedere che mi ero spaventato.
Allora risi.
E Mike smise immediatamente.
«Sai perché trovo cosi buffo quello che stai facendo?»
«Perché?»
«Perché non mi fa per niente male.»
Diede un’altra testata furibonda.
Mi rivolsi a Liam. «Guarda che roba. Hai mai visto qualcosa di tanto ridicolo?»
«Odio questa famiglia.»
Ma, dal momento che aveva smesso di dare colpi al muro, mi voltai e tornai di sopra.
Un minuto dopo udii l’aspirapolvere rimettersi in marcia e dovetti sedermi. Mi tremavano le gambe.

“Le cose che voglio di più” di Richard F. Miniter
ED. Corbaccio pp. 129-130