Il Tetto

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18 anni. Quando non è una festa

di  Alberto Laggia

8 Dicembre 2011

Per i “fuori famiglia” e per molti minori stranieri la maggiore età è un saito nel buio. L’esperienza di chi li aiuta, nonostante le difficoltà, economiche e legislative.

Il giorno del suo diciottesimo compleanno l’ha vissuto come un incubo. «Piangevo. Ero disperata perché non volevo diventare maggiorenne. Temevo le responsabilità che comporta l’ingresso nel mondo adulto. Pensavo terrorizzata: adesso devo essere matura in tutto. Ma lo sono davvero e lo sarò mai?». È il racconto di Jennifer che oggi ha 21 anni. Scappata di casa, dopo un affido fallito, è sbarcata in continente dalla Sardegna e ha vissuto in comunità per cinque anni a Bologna. Come lei, tanti altri giovani in Italia, anche oggi, non hanno motivi per brindare alla maggiore età ma, semmai, vivono questo passaggio con preoccupazione.

Sono soprattutto coloro che provengono da situazioni di abbandono genitoriale, sono gli ex minori “fuori famiglia”, ma anche i minori stranieri non accompagnati che i servizi sociali hanno tutelato fino a un giorno prima e che, allo scadere del fatidico diciottesimo anno, lasciano in balìa di loro stessi, a causa di una legislazione aberrante e poco lungimirante. I tagli al welfare stanno facendo 11 resto. Jennifer, nonostante tutto, ce l’ha fatta: divenuta maggiorenne è stata ospite di una “comunità di transito”. Dallo scorso agosto ne è uscita perché ha concluso positivamente il programma: ha raggiunto l’autonomia. «Ora finalmente sono autosufficiente», dice lei stessa con orgoglio. È una ragioniera che lavora con contratto di tirocinante come responsabile settore acquisti in un’azienda di Casalecchio sul Reno. E ha grinta da vendere.

Che fine fa un minore “fuori famiglia”, che sia in affido o ospite di una comunità, quando raggiunge la maggiore età? Se qualcuno non lo aiuta, spesso si perde per strada. E il rischio è alto, poiché in Italia un neodiciottenne all’improvviso scende dal treno dei “tutelati” per salire sul carro barcollante dei “senza diritti”. Sono oltre 30 mila i giovani che si trovano in questa condizione. «Cosa accade in genere a questi ragazzi che s’affacciano nel mondo degli adulti? Dovrebbero rientrare nella famiglia d’origine, che spesso, però, non ha modificato il proprio comportamento trascurante o addirittura abusante. Così ben presto se ne scappano via.

Ma chi li aiuterà a entrare nella società? Come può un ragazzo che già ha vissuto nella deprivazione

diventare un adulto a 18 anni e un giorno?», si chiede Monica Barbarotto, responsabile dell’Area cultura di Aibi, Amici dei bambini. Se il tetto sotto cui rifugiarsi non può più essere quello della famiglia d’origine, nella migliore delle ipotesi il neodiciottenne entra in un percorso graduale d’autonomia, che dura al massimo tre anni, all’interno della comunita per minori in difficoltà dove risiedeva o nella famiglia affidataria. «Ma, a causa della crisi, sempre più spesso accade che gli enti locali che sostenevano le rette nelle casefamiglia ne sospendano il pagamento. Se l’ente o la cooperativa sociale ospitante non decide, allora, di farsi carico in toto del giovane, l’ex minore si trova sbattuto per strada», spiega Federico Zullo, responsabile della comunità ad alta autonomia Nuovo orizzonte dell’Istituto Don Calabria di Ferrara, nonché presidente e fondatore dell’associazione Agevolando, nata proprio per dare un sostegno a questi giovani.

E comunque si tratta di un aggiustamento temporaneo. L’unico salvagente è costituito da un provvedimento legislativo che risale addirittura al 1934. Un regio decreto che permette agli enti locali di applicare il cosiddetto “prosieguo amministrativo”, una specie di prolungamento della tutela e dei progetti educativi fino ai 21 anni d’età. Ma la lungimiranza dei nostri nonni legislatori non basta più: proprio a causa della crescente penuria di risorse dei servizi sociali territoriali, il decreto viene applicato sempre più di rado o non applicato affatto. «La situazione è drammatica: se i neodiciottenni sono sempre stati l’ultima ruota del carro nei servizi sociali, oggi lo sono ancor di più», denuncia Zullo. «Qualche esempio in giro per l’Italia? Il Comune di Milano ha sospeso fin dal 2008 tutti i progetti d’accompagnamento all’autonomia dei neomaggiorenni. A Genova solo 25 sui 90 giovani diciottenni che erano in carico ai servizi sono ancora dentro un programma di tutela. A Verona stanno tagliando tutti i finanziamenti ai progetti per neomaggiorenni in difficoltà. A Roma la situazione è uguale. A Bologna, infine, i tagli sono stati annunciati. Ma il peggio lo vedremo nel 2012».

In Italia c’è un’altra categoria di giovani che ha poco da festeggiare al compimento del diciottesimo anno d’età. Si tratta delle migliaia di minori stranieri non accompagnati. Da due anni un adolescente straniero non accompagnato che è entrato nel nostro Paese a un’età maggiore di 15 anni, e che non ha partecipato a un percorso di tutela di almeno due anni, al raggiungimento della maggiore età, in base al Pacchetto sicurezza (Legge 94/2009) non può ottenere il permesso di soggiorno, salvo casi particolari, e diventa a tutti gli effetti un clandestino.

«Una vera e propria violazione del diritto alla protezione sancito a livello internazionale, ma anche un amaro paradosso», commenta Zullo. «Perché lo stesso Stato, che giustamente obbliga a proteggere e accogliere il minore migrante senz’altra tutela, un bel giorno gli disconosce tali sacrosanti diritti e lo abbandona all’illegalità. Lo stesso Stato che gli ha insegnato per anni l’italiano, e gli ha fornito un tetto e i documenti, d’un tratto gli presenta il decreto di espulsione».

«In altri termini si tratta di un tradimento, un imbroglio, un vero maltrattamento psicologico ai danni di questi giovani che prima vengono illusi e poi costretti all’illegalità… per legge», conclude amaro. Con un’ulteriore conseguenza: lo spreco di risorse umane ed economiche investite per crescere questi stranieri. Solamente dall’agosto scorso il Parlamento ha posto un correttivo a questa disposizione con la Legge 89/2011: si può ottenere il permesso di soggiorno nelle condizioni sopra indicate parere positivo del Comitato minori stranieri, l’organo vigilante del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in presenza di un decreto d’affidamento o di un tutore. Nel frattempo, però, quanti neomaggiorenni stranieri si sono dati alla clandestinità, ingrossando così le sacche di devianza e le reti di criminalità?

 

Famiglia CristianaN.50, pag. 44