Il Tetto

Progetti e attività

A chilometri di distanza e #AMenoDiUnMetro

Sono quasi venti anni che faccio parte del Tetto. O meglio che il Tetto fa parte della mia vita.

Sono fisicamente lontana, mezzo giro di raccordo anulare, ma la vicinanza è fatta di altro.

Cosa faccio al Tetto? Il megafono!
Cerco di ascoltare, guardare, raccogliere e poi trasmetto verso l’esterno.
A voi che leggete, a chi capita sul nostro sito, a chi ci sostiene.

In quest’ultimo mese i ragazzi ed i bambini nelle nostre case-famiglia stanno vivendo, come tutti, un tempo di vita ‘sospesa’. I ritmi della vita ‘normale’ erano scanditi da scuola, sport, feste, gite, scout, visite dei familiari, sedute dallo psicologo, visite mediche, incontri con il tutore… Da un mese, e chissà per quanto ancora, abbiamo dovuto interrompere tutte le attività, tutti gli incontri, rinunciare al supporto dei volontari e ‘sigillare’ le nostre comunità.

Da dietro uno schermo, vedo ogni giorno foto e frammenti di vita quotidiana nelle case-famiglia: una ragazza studia con i gatti acciambellati sulla scrivania; un’educatrice insegna a giocare a burraco ad un adolescente un po’ nascosto dentro al cappuccio della sua felpa; un gruppetto si cimenta con maglia e cucito; qualcuno fa ginnastica in giardino, altri sul tetto; orgogliosi cuochi si fanno immortalare con le mani in pasta e dopo un po’ arriva la foto dei ravioli; piccole bimbe colorano il mattonato con i gessetti; manine che si lavano con attenzione; sorrisi soddisfatti per la torta appena sfornata.

Poi ci sono le telefonate con gli educatori, i sospiri, la fatica.
La fatica di chi improvvisamente ha dovuto far fronte all’emergenza e che con impegno e coraggio ha continuato a lavorare con la passione di sempre. Stare a meno di un metro di distanza è il loro lavoro, oggi più che mai.

Gli educatori hanno affrontato il nuovo mondo della didattica a distanza, affiancando i nostri giovani studenti alle prese con app e webcam. Hanno guardato negli occhi le emozioni di questi giorni, restando al fianco di chi scalpita e si sente imprigionato, di chi vorrebbe solo guardare il soffitto e di chi invece non sta fermo un attimo. Hanno consolato bambini a cui non è permesso incontrare la mamma o andare a casa la domenica, come di consueto per alcuni se la situazione familiare lo permette. Hanno spiegato e risposto a domande sul virus e la quarantena. Gli educatori sono lì, solidi e presenti. A meno di un metro di distanza dai nostri bambini.

Mi piacerebbe poter dire che riusciamo a valorizzare questi professionisti della relazione, che si occupano dei più piccoli e dei più fragili. Mi piacerebbe poter dire che la nostra realtà è in prima linea e si sente le spalle coperte dallo stato, lo stesso che ci affida i bambini. Invece è grande l’amarezza, perché negli ultimi mesi, al di là dell’emergenza sanitaria, ho visto un conto in banca quasi vuoto da cui non potevano partire gli stipendi per gli educatori e i soldi, già stanziati, bloccati in chissà quale ufficio del comune che accumula molti mesi di ritardo sui pagamenti. Ho visto l’incompetenza della burocrazia e la pigrizia della politica che fanno naufragare progetti belli e sostenibili. Ma gli educatori sono lì, solidi e presenti. A meno di un metro di distanza dai nostri bambini. Nonostante tutto.

La forza della comunità è anche nei volontari, nei sostenitori, nelle aziende e nelle fondazioni che si appassionano e credono nei nostri progetti, nelle altre realtà come la nostra con cui facciamo rete per portare avanti il confronto e crescere insieme.

A loro va la mia, la nostra, gratitudine perché tengono viva una comunità accogliente e solida, e di cui mi sento orgogliosamente parte.

Caterina

 

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#aMenoDiUnMetro
Questo è il nome dell’appello che abbiamo rivolto alle istituzioni insieme a tante altre realtà del Terzo Settore. Puoi leggerlo qui https://iltetto.org/amenodiunmetro/