Il Tetto

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Il Bagaglio

Quando ero bambino andavo di rado in moschea. Ricordo però una volta in cui l’Imam del mio villaggio disse che Maometto una notte venne visitato dall’angelo Gabriele il quale lo trasportò via dalla casa in cui dormiva per mostragli dall’alto il paradiso e l’inferno. Il racconto continuava con visioni meravigliose riguardanti il paradiso e scene terribili dell’inferno. Non riuscivo a figurarmi, ero piccolo e ingenuo, cosa fossero quelle “terre”.

Poi quei due giorni di cammino mi mostrarono per la prima volta cosa significasse realmente una delle due.

L’inferno è una zona tra Mali e Algeria e una fila di poveracci disperati alla cui testa vi sono guide spietate. La fila procede, procede, procede fino a quando il primo cade stremato. La gente strepita rivolta alla guida che neanche si volta. Se lo facesse, perderebbe minuti preziosi e favorirebbe la morte di altri, probabilmente la sua stessa. Quindi si va avanti. Poi ne muore un altro e un altro ancora. La gente, allora, terrorizzata, perde totalmente il senso di solidarietà e non pensa ad altro che a sé: non condivide più il pane, l’acqua, una coperta o parole di conforto e sorrisi, e infine cessa di essere uomo, donna, bambino.

Io no; e fu grazie a Sumaila, un ragazzo maliano di 18 anni, che in quei due giorni fu per me come un fratello. Prima di partire mi spiegò che per sopravvivere bisognava essere più di uno, che solo una squadra può salvare il singolo. Aveva molta paura che mi succedesse qualcosa, era più spaventato per me, perché ero più piccolo di lui di quattro anni, di quanto lo fosse per se stesso. E così mi disse: «Io tengo molto a te, da oggi sei mio fratello, ti farò da guida e penserò io a gestire il nostro viaggio».

Avevamo diviso tutto a metà con la promessa che se uno dei due fosse stato male, l’altro avrebbe rinunciato alla sua parte per aiutarlo. Sarà stato per la fiducia nella vita e nel futuro che Sumaila mi infuse, o forse per il cibo e l’acqua che ci dividemmo secondo le nostre necessità che passammo il confine sani e salvi e riuscimmo ad aiutare anche un paio di ragazzi che stavano con noi.

Fu allora che compresi quanto l’inferno sia vicino al paradiso, che basta un gesto per trasformare la sofferenza in gioia e unità. E pensai al racconto dell’Imam ripromettendomi di spiegare ai bambini il sogno di Maometto quando, un giorno lontano, fossi tornato a casa.

Brano tratto da ‘Il Bagaglio – Migranti minori non accompagnati: il fenomeno in Italia, i numeri, le storie’ di Luca Attanasio.